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In che lingua ami?

Si sente spesso dire che la cosa più importante per far funzionare una relazione è la comunicazione

Ho sempre pensato che questo volesse dire che bisogna parlare con il proprio partner, imparare a comunicare i propri bisogni, le proprie aspettative, e imparare a comprendere i bisogni e le aspettative dell’altro.

Almeno finché non sono venuta a conoscenza de I 5 linguaggi dell’amore di Gary Chapman. Adesso, ‘comunicazione’ di coppia per me ha un significato completamente diverso: non si tratta semplicemente di comunicare bene, ma di imparare a parlare la stessa lingua.

Secondo l’autore infatti ognuno di noi usa una lingua diversa per comunicare l’amore. 

Magari ti senti sola nella tua relazione, non ti senti amata, ma forse è solo perché tu parli cinese mentre il tuo partner ti sta parlando in tedesco.

Imparare a parlare una lingua diversa dalla nostra potrebbe richiedere tempo ed energie. Ma per continuare ad amarsi dopo i primi pochi mesi di follia, in cui tutto sembra facile ed entusiasmante, serve dedizione. L’amore forse nasce spontaneamente, ma per crescere e durare ha bisogno di attenzioni, di nutrimento. Continuamente. 

Chapman parla infatti di un serbatoio emotivo: quando è pieno, ci sentiamo amati e la vita ci sorride. Quando il nostro serbatoio si svuota…cominciano i problemi. Ci sentiamo soli, non amati, e magari arriviamo a pensare di avere scelto la persona sbagliata. La vita di coppia diventa più difficile.

Il compito di entrambi i partner è riempire il serbatoio dell’altro, e assicurarsi che non vada in riserva.

Secondo l’autore, il modo migliore per farlo è proprio imparare a parlare la lingua d’amore del nostro partner e comunicare il nostro affetto in quella lingua.

Dopo più di un decennio di consulenza matrimoniale Chapman ha individuato quelli che ritiene essere i 5 macro linguaggi più comuni.

Uno

Parole, Parole, Parole

Per alcuni di noi ricevere apprezzamenti verbali è quello che ci fa sentire più amati. Quindi una lusinga sul nuovo look, un complimento per un ottimo lavoro svolto sono il miglior modo per fare sentire a questa persona il tuo affetto. Ovviamente devono essere apprezzamenti sentiti e sinceri: la falsità ha le gambe corte!

Due

Regali

Fare e ricevere doni è un altro modo di parlare d’amore. Per chi parla principalmente questo linguaggio ricevere un pensiero vuol dire che l’altra persona ha dedicato tempo a pensare a noi, a cercare qualcosa da donarci per renderci felici.

Qui non stiamo parlando necessariamente di regali costosi, è davvero il pensiero quello che conta.

Tre

Rendersi utile

Se la cosa che vi fa più sentire amati è quando il vostro partner offre di fare un lavoro al vostro posto, una faccenda di casa che di solito fate voi, oppure una commissione, questo è il vostro linguaggio primario. Per parlare questa lingua bisogna mettersi al servizio dell’altro, e compiere azioni che semplificano la vita del tuo lui.

Quattro

Punto di contatto

Il tenersi per mano, l’abbracciarsi, le carezze: il linguaggio del contatto fisico. Sappiamo ormai che il contatto fisico con una persona amata è fonte di innumerevoli benefici: in un abbraccio il nostro cervello rilascia ormoni che ci fanno sentire bene, riducono stress e ansia, migliorano la pressione sanguigna e sembrano anche aiutare la memoria. Se questo è il linguaggio del vostro partner, abbondate in abbracci e baci, e un bel massaggio non guasta mai.

Cinque

Momenti Condivisi

Dedicare tempo di qualità allo stare insieme: avere un hobby in comune, conversare senza distrazioni, senza controllare il cellulare, senza guardare la tv. Avere del tempo con tutta l’attenzione dell’altro: questa la cosa più importante per chi parla questa lingua. Se vi distraete spesso mentre vi parla, o non prestate attenzione potrebbe pensare che non siete interessati a quello che ha da dire, e la farebbe sentire sola e non importante.


Questi sono i 5 linguaggi. Qualcuno dirà: ma io li voglio tutti e 5! Certo ricevere uno qualunque dei 5 linguaggi da una persona amata fa piacere, ma ognuno risponde diversamente ad ognuno di queste lingue. Ognuno di noi ha una preferenza, un ordine di priorità.

Magari continui a riempire di regali la tua ragazza, perché il dono è tuo linguaggio, ma quello che la farebbe davvero sentire amata è ricevere complimenti. Se non usi il suo linguaggio, il linguaggio delle parole, delle affermazioni di amore, dei complimenti, potrebbe non recepire completamente il tuo affetto. Il sui bisogni emotivi non sarebbero soddisfatti e il suo serbatoio a poco a poco si svuoterebbe.

Non possiamo usare la nostra madrelingua se il nostro compagno non la capisce. Se vogliamo che percepisca l’amore che vogliamo comunicare dobbiamo esprimere questo amore nel linguaggio che parla al suo cuore.

G. Chapman

Per questo è importante imparare in che lingua ama il tuo compagno. In realtà penso ci sia un passo che viene prima di questo ed è altrettanto importante. Infatti trovo che la cosa più triste sia che noi stessi spesso non conosciamo il nostro di linguaggio. Ci rendiamo conto che manca qualcosa nella nostra relazione, ma non sappiamo puntare il dito e dire: ecco, è di questo che ho bisogno. Spesso ci troviamo a delegare la nostra felicità all’altro con pensieri assurdi del tipo: se mi amasse davvero saprebbe cosa fare.

Se noi stessi non sappiamo di cosa abbiamo bisogno come possiamo pretendere che il nostro compagno lo sappia?  Per questo scoprire qual’è il tuo linguaggio primario è il primo passo se vuoi migliorare la tua vita di coppia. Solo così saprai di cosa hai bisogno, e potrai aiutare la tua compagna a riempire il tuo serbatoio.

Se sei curioso di scoprire il tuo linguaggio primario e quello del tuo compagno Chapman mette a disposizione un quiz a questo collegamento (in inglese!).


Non mi sento necessariamente di suggerire a tutti questo autore, onestamente è un po’ troppo orientato alla religione per i miei gusti. Se siete cristiani, potrebbe farvi piacere, ad altri magari non interessa questo aspetto. Indipendentemente dall’aspetto spirituale penso che la lunga esperienza di Chapman come consulente matrimoniale lo abbia portato a sviluppare delle idee interessanti per la vita di coppia, ed è questo che ho voluto condividere con voi. 

Secondo voi manca qualche linguaggio che l’autore non ha considerato? Rispondete nei messaggi, e se volete condividete il risultato del vostro test!

Ecco il mio risultato:

33% Momenti Condivisi

30% Contatto Fisico

17% Rendersi utile

13% Parole

7%   Doni


Buon San Valentino 💝!

Pubblicato in: Crescita Personale, Libri

Due modi per migliorare le nostre relazioni con gli altri

Sto leggendo questo libretto del 1936: Come trattare gli altri e farseli amici. 

È un po’ faticoso da leggere, pagina dopo pagina propone esempi e poi ancora esempi di come personaggi più o meno famosi hanno risolto un problema, o come hanno ottenuto il successo che hanno avuto.

Se poi ci aggiungi che questi personaggi, anche i più famosi sono ormai lontani nel passato e nessuno se li caga più, non ne viene fuori un bel quadro.

Eppure, questo libro mi sta cambiando la vita prima ancora di averlo finito di leggere.

Come trattare gli altri e farseli amici non è un racconto da leggere tutto d’un fiato; non è neppure una raccolta di aneddoti da cui farsi ispirare. È un manuale. Un manuale da leggere e rileggere su come sviluppare relazioni migliori con gli altri. 

Fondamentalmente Carnegie insegna, riga dopo riga, come funziona l’essere umano. 

I due princìpi chiave che mi hanno fatto riflettere maggiormente si trovano nella prima parte: come trattare gli altri, se vogliamo creare una buona relazione con loro.

A prima vista, possono sembrare sciocchi, ma mettere in pratica questi princìpi è tutt’altro che banale, e può davvero cambiare il tuo mondo.

Uno

Se vuoi raccogliere miele, non prendere a calci l’alveare

Il segreto non-segreto, che ci viene svelato per primo in questo libro sulla psiche umana è: a nessuno piace essere criticato.

Quanto è banale in una scala da 1 a 10?

Eppure quante volte critichiamo le persone che amiamo? Io lo faccio di continuo. Critico mio marito Davide se non prepara la lavastoviglie come piace a me; critico mia madre perché non vuole smettere di fumare; critico un amico negazionista perché crede a qualsiasi complotto gli passi davanti.

Cosa ho mai ottenuto da queste critiche? Nulla? Risposta errata. Ho ottenuto un sacco. Un sacco di cose che non volevo! Un peggioramento nelle relazioni, prima di tutto.

Parafrasando l’autore: Criticare è inutile, mettiamo l’altra persona sulla difensiva, ne feriamo l’orgoglio e colpiamo il senso di importanza che ha di sè.

 La critica è inutile perché mette le persone sulla difensiva e le induce immediatamente a cercare una giustificazione.

La natura umana è quella di criticare tutti ma non se stessi. Siamo fatti così. Quindi quando critichiamo un altro, otteniamo l’esatto opposto di quelle che sono le nostre intenzioni. Una persona criticata si difenderà, giustificherà le proprie azioni e non accoglierà il nostro suggerimento, per quanto possa essere ragionevole e veritiero.

Spesso ci dimentichiamo infatti che non stiamo avendo a che fare con ‘creature dotate di logica’; al contrario, l’essere umano è profondamente una ‘creatura emotiva, piena di pregiudizi e motivata da orgoglio e vanto’. 

Non è un bel quadro. Ma vi sembra sbagliato? 

Io di certo sono una creatura emotiva, piena di pregiudizi e motivata da orgoglio e vanto: se vengo criticata posso assicurarvi che la mia risposta non sarà né logica né razionale. 

Voi di solito come reagite alle critiche?

Magari voi siete l’eccezione: l’unica creatura razionale, al contrario del resto del mondo. Se lo siete davvero, smettete di usare la critica con gli altri se davvero volete provocare un cambiamento: è inutile e controproducente.

Due

Sii tanto propenso a lodare quanto restio a trovare difetti. [C.M. Shwabs]

Ricordate l’ultima volta che avete fatto un complimento a qualcuno? L’ultima volta che avete apprezzato sinceramente il vostro partner, vostra figlia, un amico?

Se è passato un po’ di tempo riflettete un attimo: davvero in tutte queste settimane, mesi, anni, non hanno fatto niente che meritasse di essere apprezzato?

Non credo. Molto più probabilmente voi, come me, cadete nella trappola di soffermarvi su tutto ciò che non va bene, e mai invece sulle cose positive.

A ogni minima azione che non ci soddisfa siamo pronti a criticare, perdere le staffe e lamentarci. Ma se chi ci è vicino compie qualcosa di buono cosa facciamo?  Un pensiero vago di apprezzamento gira nella nostra testa per una frazione di secondo; poi scompare senza lasciare traccia. 

Da quando ho preso coscienza di questo mi sta capitando molte volte di ritrovarmi a pensare qualcosa di positivo di un’altra persona, ma mi rendo conto di soffocare il pensiero dentro di me prima di comunicarlo. 

Penso: sarebbe troppo strano fare un complimento adesso; oppure: mi vergogno, non è nel mio stile, magari poi pensano che sto esagerando, che lo faccio per ottenere qualcosa,… bla bla bla. Mi riempio la testa di chiacchiere, cerco, e trovo, mille motivi per cui è meglio tacere e non condividere le cose positive che penso di una persona, una circostanza, un’azione, un’opera. 

Vi è mai capitato?

Magari non ci viene in mente in quel momento, ma quell’apprezzamento che abbiamo in testa potrebbe migliorare la giornata di chi ci sta vicino; Magari quel complimento, se ricevuto, potrebbe essere la cosa migliore capitata in una brutta giornata.

Perché ci ostiniamo a tenerci per noi le cose belle che pensiamo degli altri?

Tutti noi siamo affamati di approvazione; nutrire questa fame negli altri, con complimenti sinceri, non falsi o artefatti, migliorerà la loro vita, e di conseguenza la nostra relazione con loro. Un piccolo apprezzamento dopo l’altro può provocare una valanga di positività e motivazione; può spronare al miglioramento molto più di qualsiasi critica.

Non c’è niente che deprima di più una persona delle critiche. Io non critico mai nessuno [..] se voglio che una cosa sia fatta, non ho paura di abbondare in sincera approvazione e lodi [..] dei meriti di ciascuno [C.M. Shwabs]

Mettere in pratica questo principio può venirci facile con alcune persone, e più difficile con altre. A volte abbiamo a che fare con persone che non ci piacciono particolarmente, parenti, amici di famiglia, colleghi.

In questo caso potrebbe tornarci utile il consiglio di Emerson: “Ogni persona che incontro mi è superiore in qualche modo”: trova in cosa questa persona è più brava di te, e non solo imparerai qualcosa di nuovo, ma ti sarà più facile trovare i personali meriti di questa persona da lodare.


Queste sono le mie prime riflessioni su questo libro; niente di trascendentale, ma mi ha aiutato a diventare più consapevole di come tratto gli altri, e sul perché spesso non ottengo quello che cerco in una relazione affettiva. La perfezione non esiste, ma da oggi cercherò di dare più spazio alle lodi che alle critiche. E voi?

Non parlerò male di nessuno, e dirò tutto il bene che posso di tutti. [B Franklin]

Pubblicato in: consapevolezza

Problemi di Genere? Questione di Soldi

La nostra società è fortemente sessista. Ci illudiamo che almeno formalmente la parità uomo-donna esista, ma in realtà ci sono ancora moltissime leggi sessiste.

Per esempio quella discussa in questi giorni sull’obbligatorietà del cognome del padre ai figli nati dentro al matrimonio [leggi di più]. No, la legge non è uguale per tutti. Le leggi sono diverse se nasci femmina o maschio; ancora oggi; anche in Italia.

È giusto lottare per cambiare. È giusto incazzarsi con chi pensa che lo stato attuale non sia così male, in fondo c’è chi sta peggio di noi.

Ma il segreto per una vera parità non parte dal cambiare le leggi; dal voler cambiare cosa la società pensa di noi, o neppure cosa gli uomini pensano di noi.

Il vero segreto è cambiare noi stesse.

Prima di combattere i pregiudizi altrui dobbiamo lavorare sui nostri.

Dobbiamo lavorare su noi stesse e  liberarci dal patrimonio di bugie che ci sono state raccontate e che abbiamo fatte nostre. Tipo: “Non sono abbastanza… brava, o bella, o magra, o intelligente”. Oppure la mia preferita:  “Se l’ho fatto io, lo può fare chiunque”. Sti cazzi.

Siamo le prime a sminuire quello che realizziamo, invece di apprezzare quello che siamo in grado di fare. Le prove che facciamo molto, molto di più di un uomo tra casa e lavoro sono tantissime, eppure ancora ci lamentiamo di non essere wonder woman.

Ce n’è una di bugie che ci danneggia più di tutte le altre.

Ci hanno convinto che non siamo brave coi soldi. Non siamo brave a procurarcene. E che va bene così, c’è il nostro uomo a occuparsene. Ci hanno detto che i soldi sono una parola sporca. D’altronde a noi tocca un compito molto più alto. Noi insegnamo ai nostri figli l’amore, la vita, la fede. Non ci abbassiamo a occuparci di soldi.

E questo è uno dei tanti motivi per cui gli uomini possiedono il 50% di ricchezza in più di noi donne [leggi di più].

Forse ti sembra una cosa poco importante. Ma non bisogna dimenticarsi che:

Chi è ricco, decide. In casa, come in azienda, come ai piani alti

E le bugie in fatto di soldi non finiscono qui. Ci è stato insegnato che siamo spendaccione, che abbiamo le mani bucate.

Falso.

Studi in tutto il mondo dicono il contrario: le donne sono migliori a risparmiare [leggi di più], sono migliori a far fruttare i propri soldi [leggi di più] e sono migliori a gestire patrimoni [legg di più]. Questi sono i fatti.

Gestire i soldi è affar nostro. Tutta la famiglia potrebbe guadagnarci.

Mi si spezza il cuore a pensare a quante donne non sono economicamente indipendenti.

In un paese in cui molti uomini ancora pensano che la donna sia un loro possesso, in cui 2 donne vengono uccise al giorno, ogni giorno, perché i loro compagni non hanno accettato di essere messi da parte, non possiamo permetterci di dipendere in tutto e per tutto da un uomo. 

I dati sono chiari: spesso le donne non lasciano i loro aguzzini perché non sanno dove andare, e non potrebbero permettersi un tetto sulla testa, o un piatto caldo. 

Delegare la propria vita ad un altro è pericoloso.

Se vogliamo un mondo in cui anche le donne decidano, più donne devono possedere ricchezza.

E tutto comincia da noi. Piccoli passi nella giusta direzione possono cambiare il mondo.

La cosa di base, fondamentale, avere un conto corrente a tuo nome. Ne esistono ormai di gratuiti, costano zero, e sono incredibilmente facili da gestire.

Puoi versarci il tuo stipendio, se ne hai uno, o i tuoi risparmi, ma aprilo!

È assurdo che ancora oggi un terzo (!)  delle donne italiane non abbia un conto corrente a suo nome [leggi di più].

Hai già un conto corrente? Allora comincia a informarti su come puoi migliorare la tua situazione finanziaria. A seconda di dove parti potresti creare un piano di risparmi, un piano per ripagare i debiti, o un piano di investimenti.

Se ti interessa in questo blog racconterò come io, da non esperta, mi sto informando e le scoperte che faccio a poco a poco. Ma ci sono milioni di blog e siti di professioniste e professionisti in ambito finanziario che ti possono aiutare un passo alla volta a migliorare il tuo rapporto con i soldi.

Non rimandare, comincia, oggi. Non delegare la tua vita ad un altra persona. Un mondo più equo è possibile, e parte col mettere più soldi in mano alle donne!

Pubblicato in: Auto-Aiuto, Crescita Personale, Libri

Due cose da provare subito dal libro Atomic Habits di James Clear

Inizio anno: tempo di nuovi, meravigliosi propositi!

Da gennaio andrò in palestra tutti i giorni, andrò a correre 5 volte a settimana, seguirò una dieta strettissima; leggerò un libro a settimana, scriverò una pagina di gratitudine al giorno, smetterò di fumare, eccetera eccetera eccetera … 

Quanti anni sono cominciati così per te? Per me tantissimi.

Come ogni volta ho raccolto tutta la mia forza di volontà, mi sono motivata all’inverosimile a mantenere le nuove buone abitudini, ho intrapreso il cammino con mente fredda e resistendo alla tentazione di cedere e abbandonare l’impresa. 

Sono stata bravissima…per 1 o 2 settimane… solo per poi smettere e tornare alle mie vecchie abitudini. 

Come mai?

Secondo James Clear, autore del libro Atomic Habits, la ragione è che l’autocontrollo è una strategia di breve periodo. Non può aiutarci a lungo. 

L’autocontrollo richiede un notevole dispendio di energie. Scegliere ogni volta la strada in salita non è una soluzione a lungo termine.

Ogni decisione è faticosa, richiede energie al nostro cervello. Ma il nostro cervello è fondamentalmente pigro. È una questione di evoluzione: meno energie sprechiamo più è verosimile sopravvivere nella savana, perché le nostre energie potranno essere utilizzate in altri modi. Siamo letteralmente costruiti per essere il più pigri possibile. 

Per questo la nostra mente sviluppa delle scorciatoie, o abitudini automatiche. Siamo talmente pigri che almeno il 40% delle azioni che svolgiamo ogni giorno sono ‘abitudini’: azioni automatiche che non richiedono una scelta del nostro io conscio.

Lo scopo di un’abitudine è eliminare la necessità di una decisione

Quando ci si presenta una situazione che abbiamo  già vissuto e che richiede il nostro intervento, il nostro cervello valuta le opzioni e si chiede cosa abbiamo fatto in passato in una situazione simile, ed è stato efficace?

Per esempio: dopo una giornata pesante arrivo a casa e non riesco a togliermi il lavoro dalla testa; mi sento stressata e sento il bisogno di sfogarmi. 

In passato ho vissuto situazioni simili e ho scoperto che andarmi a fare una corsetta mi aiuta a resettare il mio equilibrio e a farmi tornare più serena. Quindi inconsciamente mi verrà una voglia matta di andare a correre. 

Se invece in passato avessi scoperto che fumarmi una sigaretta in questa stessa circostanza mi rasserena e calma, mi verrà automaticamente voglia di fumare. 

Stessa situazione, diversi modi di rispondere. 

L’opinione comune è che la prima soluzione (la corsetta) è virtuosa, mentre la seconda non lo è. Probabilmente la persona che sceglie la sigaretta ha un qualche difetto di carattere. È svogliata, pigra, non ha forza di volontà, è moralmente reprensibile. 

Ma questo è un giudizio senza fondamenta. La ‘virtù’, qualsiasi cosa essa sia, è un concetto estraneo ai nostri neuroni.

La mia mente ha trovato un modo di risolvere un problema specifico, e continua a usare la stessa soluzione per un semplice motivo: funziona.

Per questo cambiare abitudini è così difficile: non solo dobbiamo convincere il nostro cervello che c’è una soluzione migliore di quella che abbiamo adottato finora; dobbiamo anche rendere questa nuova soluzione automatica: la nostra mente deve farci adottare la nuova soluzione senza che noi consciamente decidiamo di farla. Perché decidere vuol dire bruciare energie; e, repetita iuvant, il nostro cervello è estremamente pigro.

Allora siamo spacciati? Siamo destinati a ripetere i nostri errori all’infinito?

Certo che no. Conoscenza è potere. 

Sapere come il nostro cervello funziona può essere usato a nostro vantaggio per creare abitudini migliori.

In questo libro troverete tantissimi spunti pratici su come sfruttare la psicologia del comportamento umano e il funzionamento del cervello per sviluppare abitudini buone. Leggetelo, vale la pena!

Qui volevo condividere con voi due concetti che mi hanno stravolto la prospettiva quando penso a sviluppare nuove abitudini.

Uno

Assicurati che l’abitudine migliore sia anche la più facile da eseguire

Invece di basare il cambiamento che vuoi sulla tua forza di volontà, Clear suggerisce di diventare architetta dei tuoi spazi fisici, e rendere le abitudini che vuoi creare estremamente facili da eseguire.

Per esempio, a me spesso succede di avere sete, ma se non ho con me la mia bottiglietta di acqua preferisco non alzarmi e non interrompere il lavoro che sto facendo, quindi rimando. A volte passano mezz’ore intere prima di alzarmi, andare a recuperare dell’acqua e bere. Questo mi succede spesso durante la giornata, e finisco per bere molto meno di quello che vorrei.

Ho deciso quindi di riempire alla sera 3 bottiglie di acqua da 1l  in giro per casa così da averne una subito a portata di mano non appena mi viene sete: una sul tavolo in cucina, una sulla scrivania dove lavoro, una in soggiorno accanto al divano. Alla fine della giornata, le 3 bottiglie sono quasi sempre vuote. 

La stessa cosa, ma opposta, vale per le abitudini che vogliamo smettere: crea un ambiente che le rende difficili, se non impossibili. Vuoi ridurre il tempo passato su facebook o altri social? Prova a lasciare il cellulare in un’altra stanza. Vuoi ridurre le sigarette? Lasciale fuori mano, magari su un altro piano della casa. 

Più energie dobbiamo consumare, più ci rendiamo difficile un’azione, più il cervello cercherà di evitarla.

Resistere ad una tentazione è una strategia inefficace. Il segreto per vivere bene è crearsi un ambiente che rende le buone abitudini inevitabili, e le cattive abitudini impossibili.

Due

Non puoi ottimizzare qualcosa che non esiste 

Per creare un’abitudine devi mantenerla per almeno 21 giorni, e poi diventerà automatica, dicono. Secondo l’autore, Clear, questo è impreciso. Quello che rende un’abitudine automatica non è determinato da ‘per quanto tempo’ l’abbiamo effettuata, ma ‘per quante volte’ l’abbiamo fatta: più volte ripetiamo un’azione più diventa automatica.

Ed è qui che questo libro ha stravolto il mio pensiero sulle abitudini.

Quante volte rimandiamo l’inizio di una nuova abitudine perché abbiamo bisogno di tempo? Tempo per definire gli obiettivi, tempo di perfezionare che tipo di abitudine vogliamo sviluppare: per quanto tempo al giorno devo scrivere per diventare uno scrittore? Quante volte a settimana devo allenarmi per considerarmi un atleta? Qual’è la dieta perfetta che devo seguire per ottenere i miei obiettivi?  La classica mentalità: ‘o tutto, o niente’.

Ma Clear mi ha fatto riflettere sul fatto che non puoi ottimizzare un’abitudine che non esiste

Un’abitudine deve essere prima di tutto stabilita, e solo dopo perfezionata. 

È milioni di volte meglio fare molto poco ma con costanza , che non fare nulla, bloccata finché non ti sentirai ‘pronta’ a partire con il piano migliore possibile.

Per stabilire una nuova abitudine secondo Clear bisogna cominciare con passi piccolissimi, che richiedono uno sforzo minuscolo. Più piccoli sono i primi passi, più sarà facile rimanere fedeli e padroneggiare l’arte di ripetere, ripetere e poi ripetere l’abitudine. Più ripetiamo, più l’abitudine diventa automatica, più il cervello farà meno fatica a scegliere quell’azione, e quindi la sceglierà più spesso, senza chiederci di decidere se farla o meno.

Solo quando un’abitudine è diventata nostra possiamo pensare di migliorarla. 

Per cominciare basta seguire la regola dei 2 minuti: una nuova abitudine non dovrebbe durare più di 2 minuti. 

Per esempio: decidiamo che quest’anno voglio leggere di più. La cosa importante non è decidere quante pagine al giorno leggere, quanti libri alla settimana, o al mese. La cosa fondamentale è creare l’abitudine a tirare fuori un libro e cominciare a leggere. Potresti cominciare leggendo una sola pagina. Per esempio una pagina ogni volta che vai a letto alla sera.

Vuoi cominciare a correre? Decidi che subito dopo aver preso il caffè alla mattina, andrai a correre. Non perdere tempo a creare il piano perfetto su come arrivare a correre 10 km in 40 minuti. Comincia con sviluppare l’abitudine: appena finito il caffè mettiti in tenuta da corsa e corri 2 minuti. O fai il giro del palazzo. Fallo per 2-3 settimane almeno finchè non sia un’abitudine automatica. Abitudine automatica vuol dire: finito il caffè non devi decidere se vestirti e andare a correre i tuoi 2 minuti, lo fai e basta.

Quando uscire a correre non richiederà più una tua decisione conscia, allora potrai lavorare a migliorare l’abitudine aumentando a poco a poco il tempo, o i km. 

In questo modo è molto più probabile che diventerai la persona che ogni mattina va a correre. Se invece cominci con passi troppo lunghi, molto probabilmente lascerai perdere dopo qualche giorno, quando la tua forza di volontà andrà scemando. 

Ci sono così tanti altri suggerimenti e cambi di prospettiva in questo libro, è denso di illuminazioni, leggilo, ne vale la pena!  Per ora, quello che mi porto a casa è:

  • La forza di volontà è una soluzione di breve termine
  • Resistere alle tentazioni è una strategia inefficace
  • Cambia il tuo ambiente per rendere le abitudini che vuoi sviluppare inevitabili e quelle che vuoi smettere impossibili
  • È meglio fare molto poco ogni giorno, che fare tanto per 2 giorni e poi smettere
  • Non puoi ottimizzare qualcosa che non esiste: crea l’abitudine, poi perfezionala

Questo libro mi ha dato molti spunti su come sviluppare nuove abitudini in questo 2021. Se volete migliorare qualche aspetto della vostra vita ma non vi è chiaro come applicare questi due princìpi lasciatemi un messaggio, magari insieme riusciremo a venire fuori con qualche idea!

Alla prossima!

Pubblicato in: consapevolezza

Cenerentola mi ha insegnato

Breve storia triste 👠

C’era una volta una ragazza bellissima, ma sfigata.

Sua mamma muore e suo padre si risposa una megera, perché chiaramente un uomo non può crescere i figli da solo.

Il padre muore.

La madrina le fa svolgere i lavori più degradanti e umilianti, che nessuna persona per bene si abbasserebbe mai a fare: le pulizie di casa.

Affettuosamente viene ribattezzata Cenerentola perché alla sera si fa una maschera di cenere mentre chiacchiera con i suoi migliori amici: i sorci della porta accanto (al camino).

Finalmente trova una mentore che la aiuti a risollevarsi, e le insegna il segreto per una vita da sogno: per avere successo e superare le proprie miserie, devi fare innamorare un uomo bello, ricco e potente.

THE END

Quindi, principessa 👸, ricorda, nella vita bisogna:

  1. Essere bellissima: come altro vuoi conquistare il principe 🤴?
  2. Vestirsi con abiti degni di una regina e piena di gioielli 💎, ma rimanendo povera
  3. Essere bella dentro, cioè: umile, mansueta, innocente, ottimista. In una parola: innocua 🐑
  4. Avere una vita di merda 💩: altrimenti il principe da cosa ti salva?
  5. Non cercare una soluzione ai tuoi problemi, piuttosto trovati un uomo che li risolva per te. 😎

Mi sono persa qualche altro insegnamento? Commenta

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Cosa mi ha lasciato il 2020

Ma che bell’anno di merda 💩!

L’anno peggiore della mia vita (finora, non c’è limite al peggio, diceva una mia professoressa) sta finalmente finendo.

Ma non poteva finire tranquillamente, no! infatti, come se la pandemia del secolo non fosse sufficiente, ecco arrivare il Mutante d’Oltremanica.

Secondo voi, c’è qualche minima briciola di questo anno che non sia da radere completamente al suolo?

Io ho trovato tre insegnamenti che terrò con me che volevo condividere con voi in questi ultimi giorni di venti venti. Eccoli:

Uno

La vita non aspetta che tu sia pronta per presentarti il conto.

Se siamo fortunate, 31025 è il numero di giorni che ci toccano in una vita media di 85 anni. Se ne eliminiamo il terzo passato a dormire, ne restano 20683.

Ventimila seicentoottantatre giorni. Sembrano tanti… io sono già quasi a metà.

Viviamo come se dovessimo vivere per sempre; usiamo il nostro tempo come fosse una merce infinita; buttiamo al vento i nostri giorni come fossero caramelle. Domani è un altro giorno… col cazzo!

Nessuno ci ridarà il tempo sprecato, se butti via questa giornata, è andata; per sempre. Non tornerà mai più.

La cosa bella è che capire se stiamo sprecando il nostro tempo è abbastanza facile, basta chiedersi: sono felice oggi?

Se la risposta è no, puoi fare finta di niente…oppure puoi chiederti cosa puoi fare che ti renda felice di avere vissuto questa giornata? Una semplice passeggiata, una visita ad un amico, oppure chiamare quella persona cara che non senti da un sacco di tempo? Magari sfondarsi di gelato davanti a un film di Natale…

Fai qualcosa oggi che ti faccia sorridere, che ti commuova, qualcosa che ti faccia amare questa giornata preziosa della tua vita. Perché oggi è tutto ciò che abbiamo, il domani non esiste, non esisterà mai, perché, una volta arrivato, sarà di nuovo oggi. E un giorno non arriverà più.

Fai qualcosa oggi, anche minima, che renda questa giornata accettabile

Due

Nessuno ci tratta con più durezza di noi stesse.

Siamo così abituate a dare sempre il meglio, il 200% in ogni cosa che facciamo, che, se per caso qualcosa non ci viene perfetta o, non sia mai, facciamo un errore, ecco che la nostra peggiore nemica comincia a trattarci male, a criticarci, a non darci un attimo di tregua: la nostra voce interiore, ovviamente.

Siamo oneste: tratteremmo mai così un’amica? Giudicheremmo aspramente tutte le sue inadeguatezze? Le daremmo dell’incapace?

Non credo. Sceglieremmo parole gentili, proveremmo a confortarla.

Eppure non usiamo la stessa compassione per noi stesse, e spesso ci rendiamo la vita impossibile. Ma chi di noi, soprattutto nel 2020, non ha mai avuto bisogno di incoraggiamento, di comprensione, o semplicemente di una parola gentile?

Immaginate se invece di essere così aggressive decidessimo di parlarci con gentilezza. Se cercassimo di alleviare le nostre sofferenze invece di rimuginare sui nostri errori. Avremmo un’amica sempre dalla nostra parte, pronta a difenderci e a spronarci a fare meglio la prossima volta.

Avremmo un’amica a dirci che no, non dobbiamo essere sempre forti, immuni alle circostanze della vita; che anche noi abbiamo il diritto ad una giornata storta in cui non siamo efficienti, non siamo perfette, abbiamo le occhiaie e fanculo il mondo.

Prenditi cura di te, ogni giorno, come se fossi la tua migliore amica

Tre

L’universo se ne frega

La vita continua e non gliene frega se sei arrabbiata, se non riesci ad accettare i cambiamenti che questo ultimo anno ci ha imposto.

Ci avete mai fatto caso a quante energie sprechiamo a chiederci perché è successo quello che è successo? A dirci ‘Non doveva andare così’.

Quanto soffriamo perché non riusciamo a lasciare andare il futuro che avevamo sognato ma che è diventato impossibile da realizzare?

Siamo spesso in guerra con la realtà. Ma questo non solo è perfettamente inutile, ha anche l’effetto di bloccarci. Non ci permette di vedere quali sono le cose che invece possiamo cambiare, quelle che possiamo migliorare.

Se non vogliamo buttare via la nostra vita non abbiamo altra scelta che accettare quello che è, o quello che non è. Accettare non significa smettere di soffrire per quello che ci è capitato; non significa vivere passivamente qualsiasi cosa ci accada.

Semplicemente, significa smettere di bruciare energie mentali e tempo rimuginando. Significa essere libere di lottare per quello che possiamo migliorare davvero, invece di rimanere schiave di un sogno che non esiste più. Perché

“Combattere i mulini a vento fa più male a te che ai mulini” [R. A. Heinlein].

Smettila di combattere la realtà


Queste le mie riflessioni di fine anno, e i miei propositi per l’anno nuovo:

  1. Fai qualcosa oggi, anche minima, che renda questa giornata meno orribile. Fallo tutti i giorni
  2. Prenditi cura di te, ogni giorno, come se fossi la tua migliore amica
  3. Smettila di combattere la realtà

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